Franare

 Sessantaquattro anni fa in campagna diventammo amici di una famiglia romana. Durante le vacanze di Pasqua del 1961 saremmo andati insieme a Napoli, e da lì tra l'altro avremmo fatto una visita a Ischia, isola oggi colpita da una gran frana che ha provocato morte e distruzione. La famiglia dei nostri amici romani era composta da padre, madre e da due figlie che avevano la stessa età mia e di mio fratello. La minore delle sorelline, Lalla, per qualche motivo che ho dimenticato una volta venne definita dal padre "frana". 'Lalla è una frana', disse. Logicamente non si trattava di un giudizio lusinghiero, comunque a noi fiorentini all'epoca risultò nuovo, curioso, buffo. Ai tempi i genitori non si facevano scrupoli di andarci pesanti con i figli. Evviva la sincerità, comunque!

Non è però di Lalla che intendo scrivere oggi, ma delle frane in senso stretto. Che attorno al 1960 un padre definisse sua figlia una "frana" significa che le frane erano un fenomeno presente nell'esperienza e nel linguaggio delle persone. Dirò meglio, dirò di più: vorrei sapere se esiste una Storia delle frane. Una storia di fenomeni idrogeologici del genere, comunque. 

Da che mondo è mondo avvengono frane, da che mondo è mondo gli umani costruiscono le loro case in luoghi pericolosi. Solo che oggi siamo tanti, troppi, questa è la differenza. Anche rispetto al 1960 siamo tanti, troppi, per cui la trasandatezza, l'imbecillità, o se vogliamo l'ingenuità, sono cresciute. 

Il nostro viaggio a Napoli e dintorni comprese la costa amalfitana, Paestum, Capri e Ischia, dove andammo in aliscafo, che ai tempi era una novità. Tornando noi da Ischia a Napoli, il sole che stava calando provocò una luce che, filtrata da un finestrino, seguitò a colpire il volto della maggiore delle sorelline, Virginia. Mentre la guardavo notai che il fastidio datole dalla luce, o meglio da un raggio di quel sole, la faceva un poco soffrire, comunque Virginia socchiudeva un occhio, ciò che la imbruttiva.

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