L'anno dello sbarco sulla Luna

Il 20 Luglio 1969 “l'uomo” sbarcò sulla Luna. Le fasi dell'impresa furono coperte dalla Rai senza risparmio. “Molto bene, è magnifico”, esclamò Tito Stagno, uno dei conduttori della trasmissione tv.

Né molto bene, né magnifico, per Guido. Aveva altro per la testa. Un'antipatia piuttosto politicizzata per gli Usa. Ciò significa che se il contatto fosse stato sovietico lui avrebbe gioito? Certo di fronte a una bandierina dell'Urss piantata nel suolo lunare avrebbe provato un certo piacere - polemico. Polemica contro e polemica pro, tutto qui?

Transitando qualche settimana dopo la data fatidica da piazza Viesseux Guido avrebbe letto su un muro “Luna: l'imperialismo si espande”. E avrebbe accolto la sintesi come buona, da conservare tra i ricordi. Ancora non cultore dei medesimi, ventiduenne.

Diretto in moto verso il quartiere della sua ragazza, Velia, la cui avvenenza doveva invero molto alla gioventù, non sappiamo se lui cavalcasse una bicilindrica italiana o invece una bicilindrica straniera. Quell'anno era passato da una vecchia 250 d'importazione a un prodotto nazionale, sempre 250. Primi di Maggio. In autunno la moto, nuova, aveva già dato diversi fastidi: un relais dell'impianto elettrico iniziò a non funzionare la sera stessa del ritiro della moto dal concessionario. Luce rossa sempre accesa! Non avrebbe augurato tale perfidia neppure a un nemico, Guido. Che qualche volta sotto le cosce guidando s'era visto spuntare incongrui fuochi: “ritorni di fiamma”. Bisognava fermarsi, spegnere il motore e l'incendio. Non era piacevole. C'era da procurarsi presto un cencio soffocatore, per non arrivare all'estremo: ai pompieri!

Il freno anteriore, a tamburo - significa non a disco – aveva la malvagia tendenza a bloccare la ruota con le conseguenze che s'immagina un cultore della materia. L'assetto della corsa ne veniva terremotato. Già in primavera, prima di acquistare l'oggetto, mancando una lezione in facoltà, dove si sarebbe annoiato eccome ma avrebbe potuto distrarsi con l'eventuale presenza di Severina, una compagna di corso, Guido era uscito un pomeriggio insieme a un recente possessore del tipo di moto qui deprecato. A bordo lui della propria vecchia monocilindrica d'importazione. Arrivati poco oltre il pratone dell'Olmo l'altro, un falegname scioperato, propose a Guido di provare la nuovissima trappola. Sì. Scese in direzione di Molin del Piano. In fondo a un rettilineo frenò prima di una curva a destra, la ruota anteriore si bloccò e la moto prese – orrore - a sbandare. Finì, e per fortuna, su un terrapieno. Non si fece male, Guido. Tornò su verso l'Olmo, dove l'altro, in attesa, capì a distanza che era successo un guaio. Si mise le mani tra i pochi capelli. La moto non era sfasciata, ma aveva perso male la verginità. Il falegname fu d'altra parte elegante. E comprensivo. Ritornarono in città e dal concessionario Guido fruì, al posto della lezione universitaria marinata, di una sintesi pedagogica fiorentina erogata da un addetto del negozio: “ora gli sta più fermo!” Né Guido, pusillo e scorbacchiato, ebbe di che ribattere, occupato già allora a far tesoro di pezzi rari di quella parlata da cui era stato sempre più o meno tenuto fuori, prima di iniziare la carriera motociclistica, a cura della famiglia, estranea al gergo popolare. Intendeva l'addetto che ora il caduto avrebbe imparato che cosa non fare eccetera.

Pagati i danni, venduta la vecchia moto a un altro giovane, Guido acquisì la bicilindrica de qua.

Non è romanesco.

Al termine dell'estate, scendendo da San Casciano per la via Cassia insieme a un amico armato di un ben più prestigioso mezzo, a Guido si ripropose il blocco della ruota anteriore e la conseguente caduta, magari a velocità più bassa che non a Molin del piano, il che lo convinse a sbarazzarsi della bicilindrica. La stessa intanto aveva evidenziato un altro difetto: la saldatura tra il “cannotto di sterzo” e il telaio mostrava il sintomo (un cretto) di una prossima clamorosa rottura. Guido ipotizzò che la Casa per risparmiare avesse messo in commercio una moto - nuova e dal motore piuttosto brillante - dotata di un telaio adatto a prestazioni più modeste. Per svuotare il magazzino?

Si recò dal concessionario: il cretto era evidente. Si trattò di infagottare, ma davvero, la moto e di rispedirla in fabbrica. Garanzia! Fortuna che da un angolo del salone della concessionaria una vecchia bicilindrica 500 d'importazione avesse sbattuto le ciglia all'indirizzo di Guido. Vista e presa! Logicamente conguagliando la differenza tra il bidone nazionale e l'anziano gioiello estero. Il padre di Guido abbozzò.


Aveva abbozzato, l'avvocato Cosimi, anche durante quella primavera, quando Guido non una ma due volte nel giro di poche settimane se n'era andato a Roma. Prima prendendo in prestito l'auto della madre, poi usando il treno. Lo scopo delle trasferte era recuperare un legame adolescenziale finito perché lei, Virginia, aveva preferito alla traballante certezza amorosa di Guido, copyrighter della formula, le prospettive più solide date da un giovane concittadino laureando in Legge con cui difatti pochi anni dopo si sarebbe sposata. A proposito di “ritorni di fiamma”: erano passati sette anni, un'enormità di tempo in relazione all'età di Guido e di Virginia, da quell'abbandono.

E' vero però che da un tre anni anche lui si era unito a una concittadina, la Velia. Anche per questo il padre aveva solo abbozzato: perché era cosa nota che lui e la Velia stavano insieme.

La mattina della partenza Guido trovò un commento del padre sul biglietto lasciato da lui la sera prima, qualcosa circa lo “stupore” che la seconda trasferta a Roma avrebbe suscitato nei genitori. Il padre aveva riempito lo spazio residuo del foglietto confermando che sì, era stupito...


I due tentativi di ripescaggio di Virginia, bionda, bellina, dotata di parola, non riuscirono, era troppo fidanzata con Nino, che per occhiali aveva due culi di bottiglia, né era disposta a una storia “da quattordicenni”, così lei.


Delle due soste nella capitale poco resta memorabile, se non che, ospite della nonna di Virginia, che abitava ai Parioli, Guido ebbe una mattina del caffellatte rianimato da “uno schizzo di Mistral” - liquorino all'anice; e un detto della signora, pistoiese dopo trent'anni a Roma ancora capace di uscite come: “aspettare e non venire le son cose da morire”. Virginia tardava, quella domenica: il transito dalla collina Fleming ai Parioli quant'era lungo! E Guido a friggere...

Virginia lo guidò alla Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea, Valle Giulia. Guido dipingeva da qualche tempo nella soffitta di casa, per cui si sentiva un artista … ebbe da dire la sua … felice improntitudine ...

Valle Giulia: un anno prima c'erano stati scontri tra giovani contestatori e polizia, ma sì, quelli illustrati dalla famigerata poesia di Pasolini … “Stanno tutto il giorno a discutere e a fumare, smunti come sono e con quei loro bastoncini in mano se le danno coi poliziotti”, disse materna Virginia, piuttosto eccentrica rispetto alla contestazione studentesca... Una mattina da Guido si era fatta portare in auto da una sarta dove aveva da ritirare un abitino primaverile, una “fantasia” in bianco, blu e rosso … che a lui parve certo poco consono alla rivoluzione …

Virginia condusse l' ospite anche alla Sapienza, ironia deliberata, dove i due contemplarono i segni di un intervento della pula a Lettere … quei “proletari” c'erano andati giù duri.

Che altro? Neppure un bacio, al massimo qualche briciola caratterialmente seduttiva di Virginia... E sul portone di casa una sera i due ex innamoratissimi adolescenti trovarono il fidanzato di Virginia … una bella scazzottata? Ma neanche per sogno... freddezza ...

Costui anni prima si era tuttavia fatto posto in una lettera di Virginia, consensuale, tormentata dal wertherismo di Guido, e aveva scritto: “lascia stare Virginia, hai capito?”

Pare che avesse scritto queste parole, difatti quella lettera Guido non l'ebbe mai sotto gli occhi. Intercettata dalla madre, che, dopo averla letta, l'aveva fatta sparire o distrutta. Di tutte le calamità capitategli nella vita Guido considerava, fino a poche decine di anni fa, questa doppia intrusione una delle peggiori. Ormai ne parla incallito e magari cinico ...


Una serie di dettagli avranno forse attirato l'attenzione di chi legge sullo stato di subordinazione di Guido ai genitori. Era maggiorenne da più di un anno, eppure doveva, e non solo per la dipendenza in fatto di soldi, chiedere il permesso per due week end a Roma!... Assolutamente senza usare la moto!... E la madre anni prima si era arrogata il diritto di prendersi una lettera destinata a Guido, di aprirla, di leggerla, e di farla sparire non sappiamo se in modo tombale (magari in futuro salterà fuori da uno degli scatoloni colmi di reperti famigliari ammassati in un soppalco della casa in campagna, chissà a quali occhi beffardi). Non solo, si era presa la libertà piuttosto crudele – pedagogica? - di rivelargli il fatto della postilla vergata dal fidanzato di Virginia...


Ma torniamo al “69: Guido di fatto è libero di sperimentare il muro romano del fidanzamento di quei due … Certo i genitori non sono troppo rigidi … Se tuttavia Virginia afferma di non essere interessata alla ripresa di una ”storia da quattordicenni”, magari non a torto, infatti di anni ora loro ne hanno ventidue né sono più “vergini”... e avanza l'idea che lui si trasferisca a Roma … “Come faccio a trasferirmi a Roma?” - pensa lui, immaginandosi a stento la scena di una sua richiesta al padre di un mantenimento nella capitale, vitto, alloggio eccetera … Impossibile … cambiare università … “non lo farò”, pensa … Ma non solo perché si vergognerebbe: chiedere a suo padre una cosa “enorme” del genere … siamo seri, si vede bene che Virginia non lo “ama”, che lo subisce gentilmente, sì, mettendosi anche un po' nei guai con il fidanzato, Nino … moro, meno basso di Guido, non brutto se non fosse per i culi di bottiglia e la tipologia, come dire? - tra un Manfredi e un Montesano … Virginia non ama Guido: mira a sposarsi ed a uscire dalle grinfie di sua madre …


E intanto la Velia soffre …


Il primo transito fatto in auto, una lagna, era stato alleviato dalla compagnia del Soldani, un amico interessato a Roma. Guido lo accompagnò fino a un viale trasteverino … Recrimina oggi che ai tempi dopotutto lui si muoveva, alla zoppa magari, ma si muoveva, non aveva paura della vastità della capitale, di perdersi ... Non era ancora diventato “odofobico” o meglio itinerofobico, altra definizione di cui si proclama copyrighter.

Ma il punto è un altro: i due amici chiacchierarono durante il lungo viaggio - ai tempi quattro orette; Guido parlò all'amico Soldani di quella Virginia irrecuperabile - o recuperabile … facendo il Soldani forse i suoi conti in merito alla Velia, che conosceva bene: erano stati, tutti e tre, compagni negli anni del liceo … “se tanto mi dà tanto” …


A ritorno dalla seconda trasferta, in treno, scorbacchiato mica poco, Guido seguì per forza di udito le chiacchiere dei presenti, specie le sciocchezzuole che una giovinetta proclamava circa i “sociologi” di Trento, futuri estremisti … carina, la piccola, forse cattolica anche lei, come qualcuno degli studenti della famigerata facoltà di sociologia di Trento … Avrà partecipato, Guido, alle ciarle? O avrà incamerato secondo il solito suo le medesime in vista di un futuro lontano? Oggi 2022, son passati cinquantatré anni e la piccola, se viva, sarà una mezza befana anche lei …

Era contraria ai “sociologi”, Guido la etichettò come nemica del “movimento”, una da “rieducare” ... se ne innamorò... fino alla stazione di Santa Maria Novella, dove scese per tornare da mamma e papà... dalla Velia ...


Guido sbandava in quel 1969 non solo alla ricerca di una moto nuova, ma anche alla ricerca di una ragazza nuova, di un nuovo amore … Tre moto, tre fanciulle, sì, la Velia, Virginia, Severina, quella compagna di corso … senza contare l'inclinazione ferroviaria di poche ore per la piccola oppositrice dei soci di Renato Curcio, ai tempi ancora non divenuto pericolo pubblico numero uno...


Da un paio di anni Guido provava a dipingere, non che non avesse già una certa “disposizione” - così la nonna – al disegno. Tentò la tempera, strisce di colore acquoso gli scivolarono beffarde sulla tela, pian piano imparò a dosare i gesti poi escogitando impasti di stucco, colore, acqua e vinavil. Una volta secco il risultato, ci passava sopra un cencio di lana e traeva da quegli opachi pastrocchi astratti un che di lucido.

Avrebbe poi tentato l'olio? Non sappiamo, infatti di colpo, era l'autunno, smise l'opera. Dopo aver lavorato in tinello aveva chiesto ai genitori il permesso, accordato, di trasformare in laboratorio di pittura la soffitta di casa, che offriva, fatti una decina di gradini, l'accesso a una terrazza.

Mai dipinto all'aria aperta!

Era una stanza lunga, abbastanza stretta – corrispondeva infatti al corridoio d'ingresso dell'appartamento sottostante, dove abitava la famiglia di Guido – e poco illuminata da una larga fessura aperta all'altezza del soffitto. Imbiancata e un poco “svolgarizzata” dall'interessato, non sarebbe mai divenuta un buon posto per dipingere, sostare: eppure Guido non mancò di capire che, se non era una stanza solo per lui, funzionava da rifugio, misero, dai frastuoni che attraversavano le facoltà universitarie, le strade, le piazze, le assemblee - non senza rammaricarsi del proprio disimpegno politico nascente.

I quadri, il risultato del lavorìo di Guido, moltissimi anni più tardi sarebbero stati buttati tra i rifiuti, giù in strada, beninteso dallo stesso ex pittore, esausto e schifato dalle fatiche dello svuotamento della casa dov'era cresciuto, in vista della vendita. Come compensazione autopunitiva dell'oltraggio che Guido aveva o credeva di aver perpetrato ai danni dell'arredamento dei genitori, anzi della madre, da anni vedova. Salvo uno, recante sul retro la scritta: “il cielo stamattina è disperato”; che avrebbe retto ancora per qualche anno. La madre di Guido lo aveva fatto incorniciare!

Guido aveva tentato l'astrattismo, ma siamo sicuri, conoscendone le idee successive - “l'astrattismo porta al nulla!” - che avrebbe tentato la figura... già “il cielo stamattina è disperato”, forse l'ultima sua cosa, alludeva a una fila di platani … Perché “disperato”?


Comunque fosse, una precisa mattina, verso mezzogiorno per la precisione, mostrando all'amico Soldani i quadri accumulati nella soffitta …

Erano stati, i due, a parlare giù nell'appartamento … era ottobre … “autunno caldo”! Scioperi! Fremiti rivoluzionari? Di rivolta è sicuro! … Avevano parlato ... Guido aveva mostrato al Soldani qualcuno dei libri da lui letti e amati - “sei una biblioteca”, aveva spropositato ironico il Soldani; poi erano saliti in soffitta. Alla fine il tutto doveva averlo saziato ... interruppe Guido, di colpo, con la seguente incongrua domanda: “te l'ha detto la Velia che siamo stati a letto insieme?”

No, la Velia non gliel'aveva detto …

Da quella mattina la soffitta rimase deserta e finirono anche i tentativi pittorici ... Già inospitale, mancante di morbidezza, restò associata alla rivelazione molesta del Soldani … Quanto al “tradimento” della Velia si potrebbe pensare che “chi la fa l'aspetti” ...


Lo sbarco Usa sulla Luna era avvenuto in Luglio, Guido aveva nei mesi precedenti cambiato moto, senza fortuna, e tentato di cambiare, altrettanto infelicemente, la Velia con Virginia, in altri termini avevano agito in lui fastidi personali, privati … insieme al suo forte “antiamericanismo” … il minimo che possiamo affermare è che Guido non prese sul serio quella Luna a stelle e strisce. Non unico, certo, e torna in mente, vero colpo d'ala, un libro di Ceronetti, Difesa della Luna (1971) ...


Altro gli era accaduto, di natura pubblica e anche privata. La Fiorentina in Giugno aveva vinto il campionato, evento locale e nazionale insieme che, nonostante avesse sangue viola, Guido non si era goduto abbastanza. Anche qui in parte per motivi ideologici – il tifo calcistico era “politicamente scorretto”, espressione allora non in uso – e forse perché nel suo cuore, deluso dall'esperienza romana, era sbarcata Severina. Che ...


L'avvenente compagna di facoltà - bionda come Virginia ma molto più bella e anche piuttosto tenera - uscita una mattina di Giugno insieme a Guido dall'istituto universitario di via Ghibellina dove si era appena svolto l'esame relativo al corso dai due seguito, fino a piazza San Marco era rimasta al suo fianco... non è un percorso brevissimo … entrambi parlando di ciò che era appena avvenuto ... Più che ascoltare le caduche frasi di Severina Guido ne sentiva felice la presenza. In piazza si salutarono. La sera si sarebbero rivisti a cena insieme ad alcuni compagni di corso e a due docenti … trattoria fuori città, in riva all'Arno...


Severina invitò Guido a sedersi a tavola accanto a lei, “sei l'unico”, aggiunse …


Per frutta si ebbero delle ciliege … ignorando la pesantezza di uno dei docenti, proclamante la convenienza, a certi scopi, della “camera con bagno”... Severina si produsse a bassa voce per Guido in una breve cantilena birichina sulle ciliege … carezzevole l'accento ...

Finita la cena, la collega del cultore delle camere con bagno si offrì di riaccompagnare Severina e Guido in città... aveva una coupé … due porte … Guido si strinse dietro … arrivati che furono dov'era parcheggiata l'auto di lui la docente maldestra, se non ammaliata a sua volta da Severina, propose di accompagnarla fino a casa … insomma la strappò a Guido, che restò solo: quel che è peggio senza un indirizzo, un numero di telefono, niente. In compenso assediato da una febbre amorosa che sarebbe durata altissima per giorni e giorni, e dalla sensazione di non aver saputo allungare le mani su quelle ciliege... “No, lei viene con me, l'accompagno io”, avrebbe rimarcato un altro.


Che importa la Luna a stelle e strisce? Che importa la Fiorentina campione d'Italia?


La vita però ha più forza di ogni altra cosa. Quell'estate Guido andò, su un barcone difficile da scambiare per un traghetto, stracarico, galleggiante quasi a fior d'acqua, da Livorno alla Capraia, che ai tempi ospitava una galera. Tempo magnifico, mare calmo. La compagnia era formata dalla Velia, dall'amico Bettoni, dalla sua ragazza, Bruna, e da un'altra, abbinata a un tipo mai visto prima da Guido. A destinazione, i sei giovani carichi di zaini e tende salirono fino all'abitato, fatiscente più che pittoresco, poi scesero di nuovo verso il mare e piantarono tre canadesi su una sorta di terrazza erbosa. Campeggio libero. Vicino bivaccava un gruppo di livornesi …

Il Bettoni prese le redini economico-organizzative della vacanza, stabilì i turni del lavoro necessario a non trasformare il campo in una discarica … s'iniziò a far vita di mare... la sera i sei salivano in paese ... scarseggiava l'acqua … si cucinavano le poche cose che lo sparagnino Bettoni consentiva di acquistare in una misera bottega … Guido interiormente se la rideva, di quella micragna … ma partecipava … Improvvisatore incallito, un giorno eseguì ciò che avrebbe dovuto l'indomani … l'indomani il tizio mai visto lo rimproverò di aver fatto il giorno prima quanto avrebbe dovuto fare il giorno dopo … “Eh no, oggi è turno tuo!” - disse … Iniziarono a dirsene di tutti i colori, ma neanche in questo caso si ebbe una scazzottata... in effetti la lite avvenne con i contendenti lontani reciprocamente una decina di metri … a voce altissima … echeggiante … Guido rinfacciò all'altro di essere “un piccolo burocrate”! … i livornesi uscirono dal loro accampamento chiedendo “che succede?” … presero poi le parti di Guido e gratificarono l'altro … “guappo di cartone”, dissero … Guido - ancora non aveva capito che nella vita poche volte gli sarebbe capitato che qualcuno gli desse ragione - godé con moderazione di quel sostegno ...

L'acqua era limpida … il Bettoni, che non sapeva nuotare, si piccava di pescare certi pescetti con la lenza … le creature, una volta strappate alla loro vita, venivano sadicamente scagliate sullo scoglio … colpo di grazia … vergogna pura … anche di Guido ...

In alto, oppostamente al villaggio, a tratti visitato da ceffi addetti al carcere che avrebbero voluto della compagnia femminile a pagamento … che fare? Denunciarli ai caramba ?... Oppostamente al villaggio Guido in quei giorni imparò a considerare un sentiero che portava nell'interno dell'isola, traccia di una possibilità … ma il sole scoraggiava spedizioni …

A tratti appariva un tipo solitario … era privo dell'impostazione ideologica ai tempi comune ... una volta domandò a Guido se, dopo la Capraia, sarebbe andato in campagna “per rilassarsi”... “Io queste cose non le faccio”, rispose con durezza strana Guido, che in quella presenza sentiva un rivale … lo era certo, in rapporto alla Velia, ricca di capelli e di efelidi, ma anche in rapporto alla concezione della vita che lui, Guido, credeva di avere … la politica e il rovello rivoluzionario al primo posto!

Ciò non era affatto vero … Guido voleva solo vivere, pensare in grande, in lungo e in largo, non voleva “rilassarsi” … Peccato che rinunciasse alle vie che la fortuna pareva suggerirgli, come quel sentiero tra la vegetazione bassa, tutto esposto al sole, misterioso come tutto ciò che attira e ancora non si conosce … Nel concreto aveva voglia di scorrazzare sulla moto nuova, quel paio di settimane sull'isola lo avevano ridotto in astinenza … Andò in Maremma per qualche settimana, unico periodo, quello, di felice unione con la moto da poco acquistata e modificata... aveva fatto installare anche un contagiri!

Quanta energia il motociclismo toglieva a Guido, quanta ne aveva lui!


Persa Severina, perso il sentiero dei conigli selvatici, o delle capre, persa l'occasione di gioia viola, irrecuperabile Virginia, Guido approdò, venduto il bidone autarchico, a una compassata bicilindrica straniera forse più adatta a un quarantenne che a un ragazzo: erano anni che ne aveva visto un esemplare dal vivo, in strada. Nera. Bassa, frusciante il suono del motore come un vento tra il fogliame degli alberi, non veloce … piuttosto: poderosa … una cinquecento! Una bicilindrica seria! Meravigliosa, elegantissima!

Quanto al farla correre, ci pensava Guido, deriso per altro nell'officina meccanica del suo quartiere, dove il titolare e gli adepti non avevano capito che di quella marca entro pochi anni si sarebbe riempita la città! Tutti a Canossa? Magari! Entro pochi anni si sarebbe riempito il mondo di moto giapponesi.

Per cui Guido cambiò meccanico, ecco che cosa cambiò quell'anno!

No. Smise anche con la pittura, era anche quello un cambiamento, smise di considerare la Velia con fiducia, ecco un altro cambiamento …


In vista della fine dell'anno, il 12 Dicembre alle 16,37, una bomba piazzata all'interno della Banca dell'Agricoltura, a Milano, piazza Fontana, esplose e uccise diciassette persone. Ne ferì ottantotto. I media investirono moltissimo sull'evento manifestando una fortissima propensione ad attribuirne la causa all'estremismo di sinistra: in definitiva Guidò si sentì chiamato in causa. Bombarolo quanto può esserlo un piccione, patì l'accusa e gliene conseguì un rifiuto dell'intero pacchetto confezionato dalla Rai, dai giornali e dal Sistema, lutto incluso.


Tornando alle sue pene amorose, ai tempi certo aveva intenzioni poco chiare: da una parte la Velia, dall'altra la Virginia; subito dopo, nel tempo, Severina. Era giovane e aperto, almeno potenzialmente, a esperienze varie. Viveva.

Le pratiche motociclistiche in questo quadro, fortune e sfortune a parte, confermano che Guido viveva in modo molteplice. L'acquisto della moto nuova, in Maggio, ma anche la precedente escursione con quel compagno motociclista, indicano che d'altra parte l'amore non lo tiranneggiava. Né la politica, né il calcio, né la Luna.


La mattina in cui doveva ritirare l'agognata 500 bicilindrica, arrivato in anticipo nei pressi del concessionario si sedette su una panchina nell'area di un giardinetto. A due passi da dove pochi mesi prima aveva salutato in modo all'incirca tombale Severina, rapitagli da quella professoressa; ma senza pensare affatto a lei. Nulla lo tiranneggiava.

E intanto leggeva i giornali, vedeva la tv, parlava con i compagni, poi avrebbe pensato per anni a Valpreda, a Pinelli … Senza contare che mandava avanti gli studi, e, fino a quella mattina infelice in cui il Soldani non richiesto gli rivelò la novità penosa, dipingeva.


Gli eventi collettivi, grandi o meno, influiscono sulle nostre vite che, tuttavia, determinano la nostra partecipazione agli eventi collettivi.


Per dirla in un altro modo: il 1969 resta prezioso a Guido per Severina, per le due trasferte a Roma, per aver lui smesso di dipingere dopo appena due anni che aveva iniziato. Poi, chino su quell'anno, trova altro: l'isola, la lite, il sentiero dei conigli selvatici, delle capre ... trova i cambi di moto, le due cadute … E ricorda la Luna, l'autunno caldo, infine la strage di Piazza Fontana. Senza contare lo scudetto viola! Tutto ciò che lo riporta a Severina.



 

Commenti