Un cuore pieno di spine

 Giorni fa esploravo tre chiavette cercando di rendere comprensibili i titoli dei file e di eliminare i doppioni, per cui ho preso un foglio dove avrei preso appunti. Alla fine del lavoro di snellimento e riordino dei file ho dato un'occhiata al foglio: in alto c'era scritto solo questo: "Il castello". Riferimento alla mia traduzione del romanzo di Kafka Das Schloss. Ma subito mi è venuto in mente il "mio" castello, di fatto un casone millenario oggi diviso tra decine di proprietari dove non c'è più traccia quasi di noi. E ho capito che devo scrivere di questo "castello", ciò che ho subito iniziato a fare o meglio a rifare. Presto comprendendo che quando patetico scrivo di avere nel cuore il villaggio e il castello dove ho passato mesi e mesi tra il 1947 e 1994 in estate, per Pasqua e per Natale e dove non vado più perché ho venduto il mio appartamento ... quando scrivo di avere nel cuore il villaggio e il cosiddetto castello, sottintendo che il cuore in questione è pieno di spine che in parte derivano da me, in parte dal villaggio e dal cosiddetto castello. Il villaggio era un intrigo di invidie, il castello era cupo. Salverei oggi la campagna, i boschi - le discese e le risalite, direbbe Mogol - senza contare il serpentume che infesta le petraie sotto il sole. Da ogni parte la luce abbagliante dell'estate, questo sì.

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