Debiti d'amicizia

All'amico Martinetti devo molto, è probabile, come a tutti gli altri amici del resto - femmine escluse, che è un diverso campo; ma qui voglio ricordare due debiti che molto precisamente ho con il Martinetti, scrive Guido. Si tratta di due concetti, termine che certo fa ridicola rima con il cognome del mio amico: quello di “teorizzazione” e quello di “ideologia”. Beninteso, applicati da lui alla vita quotidiana, quindi molto fruibili per uno che, come me, è sempre stato scarsamente dotato in fatto di astrazioni. Eravamo, Martinetti, io ed altri, in vacanza settembrina nei pressi del Forte dei marmi, mi sembra nel 1966. Un pomeriggio ci trovavamo ospiti non ricordo di chi in zona Bocca di Magra. Festicciola. In corso d'opera, Martinetti si produsse in una frase che conteneva la prima persona singolare - presente indicativo – del verbo in questione: “teorizzo ...”, disse, ma purtroppo non ricordo che cosa. Peccato: in un'altra occasione teorizzò che i figli dei professori di liceo erano “nipoti di puttana”. Io, udendolo, incamerai il termine, fin lì relegato o relegabile, non saprei, all'ambito degli studi stentati e disperanti che mi toccavano, ancora per poco, con quei figli di puttana dei miei professori. Fu una vacanza infelice, a cominciare dall'iniziazione che dovetti subire da parte di Martinetti e degli altri due, che in tenda – era la mia prima notte da campeggiatore – mi assalirono, non senza una mia forzata acquiescenza, e tra l'altro - dentifricio strizzato dal tubetto nella mia bocca e nei miei capelli, ricordo - cercarono di infilarmi nel sedere un wuerstel. Roba da “nonnismo”. Rischiai anche di affogare nei pressi di Punta bianca, una mattina, perché, respinto dalle onde, tentavo e ritentavo di salire dall'acqua su uno scoglio, fino a quando non rinunciai e feci faticosissimo ritorno alla barca da cui mi ero calato in mare. Eppure tornai a Firenze con in mente quel nuovo tesoro di verbo: teorizzare. L'altro termine che Martinetti mi diede agio di far mio nel concreto di un fatto che mi riguardava, “ideologia”, apparve tra le sue parole anni dopo, nell'estate del “72. Eravamo appena arrivati in Grecia, Atene. Era mattina, avevamo passato la notte a non dormire in un parco pubblico – solo a causa della nostra disorganizzazione. Pas d'AlpitourStavamo decidendo come dar inizio alla vacanza che ci avrebbe portati via da Atene, prima ad Alònissos e poi a Skopelos, o viceversa, chissà. Erano in questione dei soldi da spendere in più del previsto. La ragazza di Martinetti, che tra noi quattro aveva certo alle spalle la famiglia più agiata, parve offrirsi di pagare lei non so più quale comodità di viaggio. Io però rifiutai di uscire dalla divisione in quattro parti uguali delle spese, e lì Martinetti mi punse direttamente dichiarando il mio atteggiamento “ideologico”. “Il fatto è che il padre di Piera ha più soldi del tuo”, disse all'incirca, “tutto qui.” Incauto Martinetti. Capii che “ideologico” significava nel concreto, non nei termini oceanici della “ideologia tedesca”, che in base a un principio io negavo le possibilità che i fatti offrivanoPeccato davvero non ricordarsi di più e meglio. Piuttosto c'è qualcosa da aggiungere all'episodio balneare di Punta bianca, scrive Guido. Dopo qualche settimana, tornati a Firenze, Martinetti di nuovo mi punse, e sia pure riferendo qualcosa che aveva detto di me uno degli altri, con l'argomento della contraddizione presente nel fatto che io, tra le onde che mi tiravano giù dallo scoglio che volevo salire, a un certo momento avessi gridato “aiuto”, quando in genere ai tempi ero uso affermare che la vita mi disgustava e che avrei voluto morire.

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