Leopardi e il bibliofilo

Già ai tempi di mio padre nei licei si poteva programmare una interrogazione, naturalmente con quei professori disposti a rinunciare al privilegio di chiamarti due volte di seguito alla cattedra per magari beccarti impreparato e dimostrare così che non eri uno studente serio. 
Orbene, mio padre fissò con il professore di italiano un'interrogazione su Giacomo Leopardi: aveva sette giorni per prepararsi. 
Non si preparò, convinto com'era di essere leopardiano nell'anima e di poter quindi improvvisare al momento dell'interrogazione. Arrivato però alla vigilia della medesima fu preso da un certo malessere, ritenne che forse il suo leopardismo nativo non sarebbe bastato a fargli prendere almeno la sufficienza. Sarebbe come dire un "6". D'altra parte mio padre non era tipo da mettersi a studiare come un matto all'ultimo momento, infatti trovava tale abitudine lesiva della sua propria dignità. Non a caso certi amici lo chiamavano affettuosamente "il dignitoso". Mai lo avreste colto al mattino in strada con un libro aperto in mano, mentre era diretto a scuola, per appiccicarsi nella memoria qualche nozioncella da rivomitare in caso di interrogazione.
Pensò dunque di distrarre l'attenzione interrogante del professore presentandosi alla cattedra con i Canti di Leopardi in una edizione diciamo da bibliofilo, non solo con il libro di testo scolastico. Ragione per cui tolse dalla libreria di famiglia il prezioso ed elegante volumetto, lo spolverò e lo aprì a caso. Gli cadde l'occhio sul poema "All'Italia", là dove si legge: "procomberò sol io".
Per la patria, qualora latitino i coraggiosi, sembra che dica il poeta, cadrò io, io solo, e avanti (pro), non in fuga di fronte al nemico. 
Comunque fosse, a mio padre, che com'è naturale ai tempi non era ancora mio padre, ma un ragazzo di sedici anni, quel verso non parve di buon auspicio in vista della interrogazione. Si sentì pungere come da un pronostico infausto: lui sarebbe caduto di fronte al professore, e sia pure a testa alta, per chi? Per che cosa? Per l'Italia? Per la dignità?
La mattina dell'interrogazione mio padre si presentò alla cattedra con il prezioso volumetto rilegato, e il professore fu contento di prenderlo tra le mani, di sfogliarlo, di osservarne le caratteristiche "tecniche", di saggiare la qualità dell'anziano commento ai versi del poeta in esso contenuto, e così via. 

"Senza studiar la sfangherò,
la sfangherò pur io", recitò interiormente mio padre, finita l'interrogazione.




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