Anagramma

Da anni mi diverto ad anagrammare nomi di persona o d'altro - nuovi. Quando venti anni fa andai ad abitare in un paesino prossimo alla città mi divertii a fare l'anagramma del nome, di per sé già notevole. Ne trassi due anagrammi diversi che uniti tra loro danno luogo all'esito poetico seguente: 

Mina turpe
tu permani!

Piuttosto aulico, soprattutto là dove "mina" sta per "minaccia", ma bisogna accontentarsi.
Giorni or sono, come faccio ogni anno, mi sono recato in quel paesino dove ho abitato piuttosto bene per sette anni. Giro, noto le differenze, magari incontro qualcuno, mi faccio riconoscere e così via. Stavolta mi sono infilato nella bottega dell'orologiaio. Era "sola", come dicono da queste parti per segnalare l'assenza del titolare. Dopo un po' è arrivato l'artigiano, già vecchio venti anni fa, oggi decrepito, e abbiamo iniziato a scambiarci qualche parola. Naturalmente non mi ha riconosciuto, e presto ho capito che non è più tanto in sé, a parte il fatto comprensibile del non riconoscermi. Ero, ai tempi, solo un "cittadino" transitante il sabato e la domenica, all'andata o al ritorno da una passeggiata nella campagna lì attorno, ma sempre via durante gli altri giorni, al massimo oggetto di curiosità perché camminatore platonico, diciamo. Peripatetico.
Ho capito che la testa gli ha fatto seria cilecca perché mi ha detto che gli hanno buttato all'aria la bottega, che lui è un ciabattino e non un "accomoda sveglie", e che non sa più dove son finiti tutti i suoi strumenti, la lesina, l'ago, il martello, il tavolino da lavoro, i materiali ...
Decrepito e rimbecillito, immagine della morte, per quanto comica e simpatica. 
Ecco confermato il senso dei due quadrisillabi.
Turpe minaccia sempre presente: vecchiaia e morte.

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