Una voglia

Ero medico, lavoravo in una clinica dermatologica, ora non ne faccio più parte. Qualche giorno fa sono andato a visitare i miei ex colleghi, per primo il professor Noricani, che era il mio capo. Busso alla porta del suo studio, all'ultimo piano della clinica, sento qualcuno che parla, è lui, apro e trovo che al posto della scrivania c'è un letto su cui giace semi disteso Noricani. Mi saluta e mi mostra l'indice della mano sinistra. E' piuttosto spellato. "Stavo registrando qualche considerazione sulla mia malattia", dice. "Si tratta di?" - domando. "Non so, non sappiamo, ma non è grave", risponde. Dopo poche parole scambiate, me ne vado e proseguo la mia visita. Subito sento la voce di Noricani che riprende la sua registrazione. Il corridoio è lungo, sposto una tenda che ai miei tempi non c'era, dietro vedo alcune persone che non conosco, saranno, mi dico, pazienti in attesa. Tutto è cambiato. "Guardi, che serve prendere il numero, laggiù c'è il distributore", mi dice un uomo che ha la mano sinistra fasciata. "Grazie", rispondo, "sto solo cercando la dottoressa Scurati." Scendo una rampa di scale, entro in un altro corridoio, era il mio, arrivo alla porta del mio studio, leggo la targhetta: c'è ancora il mio nome. Busso, nessuno risponde, apro la porta, trovo che tutto è al suo posto, beninteso dopo aver acceso la luce. Non ho più niente di mio qui, spengo la luce, chiudo la porta alle mie spalle e scendo un'altra rampa di scale. Intanto che scendo, sento che la voglia di far visita ai miei ex colleghi mi è passata, ammesso che si trattasse di una voglia. Rido interiormente alla mia involontaria freddura. Una voglia! Sì, sono ancora un dermatologo. 
Scendi che ti scendi, mi trovo a pian terreno, esco sul marciapiede. La luce del giorno mi ferisce un poco. Do un'occhiata all'indice della mia mano sinistra e mi avvio verso casa.

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