Uscendo in strada S. fu investito da un flusso di adolescenti maschi, una decina, che gli passò attorno come se lui fosse uno scoglio. Avevano un pallone da calcio e ci giocavano - un po' sul marciapiede, un po' sulla strada. Uno scooterista fu costretto a fermarsi di colpo per non investirne uno o più. Un'anziana signora che rincasava insieme a un bambino interrogò retoricamente i ragazzi: "ma cosa fate?" - e li bollò come "scemi", nel contempo ammaestrando il bambino su che cosa "non si deve fare". I calciatori intanto scorrevano continuando a passarsi il pallone. Risposero all'anziana - "giochiamo", e "noi non abbiamo offeso nessuno". L'happening si perse presto verso la piazza in fondo alla strada. Qualcosa impedì a S. di considerare i calciatori soltanto una banda di prepotenti. Forse l'indignazione esagerata della signora. In fondo manifestavano per la libertà, ormai negata da molti decenni, di giocare a pallone per strada, come ai suoi tempi anche S. aveva fatto. Erano un'epifania gioiosa e orgogliosa di gioventù. Sì, certo: S. avrebbe abbandonato la sua postura da scoglio se i ragazzi avessero preso l'anziana come un loro zimbello.
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