Quattro e mezzo

 “Otto e mezzo” uscì nel Febbraio del 1963. Ciò mi ricorda che avevo sedici anni. Dell'affascinante film avevo capito poco, credo, in parte a causa della mia scarsa esperienza di vita, in parte a causa della povertà della mia strumentazione intellettuale, in parte a causa del linguaggio cinematografico usato da Fellini, evidentemente approdato in quegli anni alla valorizzazione del mondo onirico nel suo cinema, forse sulla scorta della sua esperienza analitica con lo junghiano Ernst Bernhard. Non ero preparato a parlare del film in classe, insieme non so più a quale professore, come vidi una mattina che stavano facendo alcuni miei compagni e compagne bravi durante un momento di “vacanza” dalle normali lezioni. Forse eravamo verso il termine dell'anno scolastico, quando un certo rilassamento avveniva, almeno tra certi allievi e certi professori? Non importa. Sapevo che mi avrebbero bocciato oppure rimandato a settembre con tre o quattro materie da presentare all'esame di riparazione? Certo mi sentivo estraneo e impossibilitato a prender parte a quella conversazione, di cui non ricordo nulla se non la mia sofferta, ma fiera, estraneità. Ero impreparato, come credo i più, al linguaggio del film, ma ne ero affascinato. Non sapevo, come solo dopo cinque decenni, per caso, avrei intuito, che in me agisce la fascinazione, prima, se non al posto della comprensione. E che spesso non so davvero che cosa dire.

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