Il plaid

 Quando non avevo ancora la possibilità anagrafica di guidare moto, le tenevo d'occhio. Sto parlando della fine degli anni cinquanta, inizio sessanta. Giravano delle 125 o giù di lì, delle 175. Moto Guzzi, Gilera, Moto Morini, Mondial, Benelli, per citare le più note. Non avrei mai posseduto un modello di una di queste marche e mai una 125, o una 175, o una 98 come la celebre Gilera "Giubileo". Non voglio tuttavia parlare di me, ma ricordare una moda motociclistica che mi è tornata in mente stamani e che ai tempi fu quasi immancabile, per poi scomparire. Le moto che ricordo avevano la sella, il serbatoio della benzina e il basso manubrio su una linea omogenea - più o meno com'è ora. Certo, ma se oggi vi capita di vedere in strada una di quelle vecchie moto restate di stucco per quanto sono basse, corte. Probabilmente in rapporto alla statura media dei motociclisti di sessanta settanta anni fa. Comunque sia, sul serbatoio della benzina molti ripiegavano un plaid "scozzese" dandogli una forma corrispondente alle dimensioni del serbatoio, e ce lo fissavano con larghi elastici di gomma. Il plaid ripiegato serviva a distendersi "comodi" sul serbatoio per diminuire la resistenza dell'aria alla corsa. In francese si dice pilot couché. Tra le mani il manubrio, che poteva essere in un pezzo unico o in due pezzi separati, il petto sul serbatoio reso morbido dal plaid, i gomiti giù. "A lapis", si diceva dalle mie parti. Come tutte le mode anche questa non era strettamente collegata all'uso, bensì all'ornamento. Senza contare che i fortunati, accompagnati da una ragazza, potevano, arrivati a destinazione - boschiva o prativa - sciogliere il plaid dal serbatoio e distenderlo sull'erba. Forse non pulitissimo e profumato di benzina, direte voi.



Commenti