Terza età

Tornato da qualche giorno in città, T percorreva in bicicletta un viale. Mentre pedalava, l'avventura patita in Sardegna ancora gli occupava la mente. Durante la sua agognata escursione in una regione montagnosa e particolarmente pietrosa la guida l'aveva abbandonato all'improvviso ed era scomparsa senza far ritorno. Perché lo avesse abbandonato in quel deserto - ecco ciò che T stava rimuginando mentre pedalava sul viale alberato lungo il fiume -  era un mistero. 
"Forse mi ha lasciato tra le rupi perché l'avevo pagato in anticipo", pensava T, che era riuscito a evitare per caso un precipizio orrido solo pochi minuti dopo che la guida se n'era andata per i fatti suoi. Aveva poi fatto faticoso ritorno nel paese dove aveva una stanza e invano, il giorno successivo all'incidente, era andato a chiedere "perché" alla Pro Loco -chiusa.
Mentre era insoddisfatto della spiegazione venale dell'incidente, per chiamarlo così, e si chiedeva se non avesse invece offeso la guida, un ragazzo sui trent'anni, per qualcosa che aveva detto, ma cosa? - vide che una vigile urbana gli faceva segno di fermarsi.
Stupito, T estrasse la carta d'identità e la porse alla vigile urbana. L'infrazione di T era consistita nel suo pedalare troppo lento, lui seppe. "Lei intralcia il transito degli skate board e dei monopattini, oltre che delle altre biciclette", sentenziò la vigile. Al che T la guardò negli occhi, celesti, e le disse con un sorriso: "lo sa quanti anni ho io? Non ha visto il documento? Come vuole che possa pedalare veloce?"
In verità non aveva pedalato piano a causa della sua età avanzata, come volle far credere alla vigile, invece si era distratto dal ritmo perché pensava al precipizio che aveva scansato all'ultimo momento, alla guida infedele, al perché e per come dell'abbandono.
La vigile però non poteva saperlo, quindi convenne che  sì, T era davvero anziano e aveva il diritto di pedalare piano.

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