Il lago

Faccio a piedi il giro del lago. E' immenso. E' preliminare. A tratti non riesco a mantenere il contatto con la riva, bisogna che me ne allontani. Mi trovo oltre un'altura. Percorsi alcuni chilometri mi accorgo di essermi smarrito. 
Dopo qualche imprecazione, che sbiadisce però nella coscienza che ho di guadagnarmi la mia vera meta, sbuco dal bosco e rivedo l'acqua del mio lago. Scendo verso la riva e riprendo il giro mentre la notte si avvicina. Monto la tenda e provo a dormire nel sacco a pelo. 
Peccato che si levi un vento fortissimo. Passo ore impugnando per sicurezza uno dei ferri che sostengono la tenda, e non dormo. 
Infine mi addormento - sogno una fanciulla che vidi cinquanta anni fa, mancata non so come. Mentre sogno mi duole la perdita al punto di svegliarmi. Ho gli occhi bagnati. "E' pioggia o pianto?"
Sta piovendo forte, tutto qui. La tenda non bene tesa tiene poco l'acqua.
Arriva il giorno. Smonto la tenda e riprendo la marcia in vista del castello - nel secolo scorso servì da rifugio al Re durante la guerra. E' la meta del mio faticoso cammino. Espiatorio. Salirò al castello, lo visiterò.

"Che giorno è? Che anno è?"
Basta cantare! Il portone è chiuso; busso, mi apre uno che assomiglia a mio nonno Vanni, ma è solo il custode.
- Non è giorno di visite, dice.
- Suvvia, signor custode, vengo da lontano, a piedi, sono un cultore di storia del novecento, scrivo sul Re, abbia la cortesia di farmi passare, gliene sarò grato.
- Non vale qui la gratitudine, risponde il custode, ed indica il lago sottostante. 
- Vale cosa? 
- Niente, risponde il custode, non importa; e mi ammette.

Il salone è al piano nobile: qui il Re riceveva i ministri, i cortigiani e le cortigiane, i diplomatici e le diplomatiche, i consiglieri e le consigliere. E i suoi carcerieri. Mi agghiaccia, con la sua severità tenebrosa. Dal lago filtra una luce opalescente.
- Ma che cosa dice? chiede il custode. Con chi parla?
- Registravo le mie impressioni sul salone, non le pare che la luce tenue sia opalescente?
- E cosa vorrebbe dire?
- Opale, non conosce questa parola?

Fa freddo - qui non viene mai nessuno, spiega il custode, io abito a pianterreno in due stanze riscaldate. Quando scende le offro un punch.
- Vorrei fotografare l'appartamento del Re.
- Non si deve! Le darò qualche cartolina ricordo.

"Non si deve". Che tipo il custode! Non appena mi lascia da solo scatto qualche decina di foto. Arredamento anni trenta! Che goduria! Mi fermo nello studio del Re, entro nella sua stanza da letto, nella biblioteca, in realtà piena di fascicoli periodici, le "riviste" che Lui tanto amava leggere per capire che cosa gli intellettuali pensassero del suo governare. Che gli intellettuali pubblicavano perché Lui non sapesse quel che davvero pensavano. Fa dappertutto un freddo mostruoso, un freddo storico. Non c'è un filo di polvere.

Mi ricordo che da bambino venni su questo lago con i genitori e ci fermammo a dormire in un albergo dove il mio letto però era gelido. Chissà quanto erano emozionati i miei genitori dalla prossimità del castello del Re! Eppure non me ne parlarono affatto.

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