Il pitone in bicicletta

Da ragazzo avevo un amico che teneva in una teca di vetro un pitone, non grosso, ma promettente. Di tanto in tanto gli permetteva qualche serpeggiamento per la casa; sua madre (la mamma del mio amico, voglio dire) non aveva da obbiettare. Una volta chiesi all'amico di prestarmi il pitone per un giorno, infatti desideravo vedere ben bene l'animale all'opera, non solo per quei pochi minuti. Dimenticando che a mia madre un pitone, non grosso, e sia pure, in casa non sarebbe piaciuto, e neppure a mio padre, né alla nonna, presi per la sua maniglia la gabbia con dentro il pitone in prestito e me ne venni via dalla casa del mio amico che, a proposito, si chiamava Sergio ed è poi divenuto un luminare in un qualche ambito delle scienze naturali. Per arrivare da me c'era qualche chilometro, che mi accinsi a percorrere in bicicletta, con la gabbia del pitone fissata sul portapacchi. Ogni po' mi voltavo a guardare il mio passeggero, e fu con grande sorpresa e qualche disappunto che notai la sua testolina spuntare dal cancelletto della gabbia. Mi fermai e tentai di convincere il passeggero a rientrare tutto nella gabbia, che non gli doveva piacere; com'è naturale attirai l'attenzione di passanti e di altri utenti della strada.  In effetti non avevo il coraggio di prendere la testa del pitone e di spingerla dentro. Non ne ebbi il coraggio, assolutamente. Avevo preso un'iniziativa che esorbitava dalle mia capacità.

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