La Zecca

S. decise di acquistare due giornali, quella domenica. Trovandosi in centro, entrò in una delle oramai rare rivendite, sita in un negozio, e chiese alla giovane commessa, una hindu, quel che voleva. Si trattava dei due principali quotidiani del Regno, ma su questo dettaglio non merita fermarsi. Pagando, mise sul banco diverse monete che la commessa a occhio valutò insufficienti. "Tu ci hai provato", disse a S., il quale provvide ad integrare la somma con una ulteriore moneta. In effetti quest'ultima era di nuovissimo conio, e d'importo bislacco: un tallero e sette centesimi. Mentre S. rivolgeva alla commessa un garbato rimprovero per quello che aveva inteso dire, aggiungendo: "La perdono, perché Lei parla così e così la mia lingua", l'attenzione della presumibile padrona della rivendita fu attirata dalla nuova moneta da un tallero e sette centesimi. S. e le due donne iniziarono a scherzare sulla follia della Zecca del Regno, notoriamente diretta da un membro della Real Casa, artistoide. La presumibile padrona, pur partecipando alla conversazione, restava seduta su una sdraio da spiaggia. Ad un tratto scusò la sua pigrizia dicendo a S. di essere incinta, al che S. non rispose nulla. Tuttavia la presumibile padrona, certamente un po' grossa, continuò a discorrere del suo stato: "Ho già molti figli", disse, "ma uno in più non mi farà male."
In quella, come si scriveva ai tempi del nonno di S., entrò nella rivendita un bambino di sette anni o otto. "Ecco", disse la presumibile padrona, "questo è l'ultimo dei miei nati". La commessa hindu salutò il bambino e gli mostrò la moneta da un tallero e sette centesimi, ma, nonostante che l'oggetto fosse strano e luccicante, com'è naturale il bambino non mostrò alcun interesse. 
Si cominciava a stare stretti, in quel poco spazio della rivendita.

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