Universalità delle manette

Mi hanno parlato tanto bene di questo tratto di costa che ora sto percorrendo a piedi vicino al mare. Forse la lingua straniera, che capisco poco, mi ha illuso, ma in verità il mio transito non mi pare così indimenticabile: per quanto sia scorretto dire di un paesaggio che è banale, ebbene, questo è banale, lezioso e banale, come se fosse stato preparato per girarvi dei film pubblicitari. Eppure cammino, osservo e non mi accorgo delle enormi ondate che, a tratti, si gonfiano in prossimità della riva: improvvisamente mi sento come un animale minacciato dalle escursioni terrestri di un'orca marina, cioè: dell'enorme ondata che si è appena schiacciata sulla riva dietro di me. Mi decido quindi a lasciare questo celebrato tratto di costa e mi dirigo verso la stazione ferroviaria, dove prenderò un trenino per tornare all'albergo. Munito del biglietto salgo in treno, il viaggio sarà breve, e mi guardo intorno in attesa che passi il controllore. Qui si ha l'uso, capisco tardi, di chiamare i passeggeri affinché mostrino di avere il biglietto, non di passare tra loro chiedendoglielo. Ragione per cui entro in una ridicola discussione con il controllore, che, ricordo a chi legge, parla una lingua che io so poco. Finisce che gli mostro i polsi uniti come se mi trovassi ammanettato, e lui non la prende bene, si scalda. Le manette sono universali.

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