Un supplente.

Il professor S., insegnante di Lettere nella scuola dell'obbligo, non aveva ancora un posto fisso e doveva  di conseguenza  arrangiarsi con delle supplenze, spostandosi spesso da un istituto all'altro della provincia. Non poche difficoltà gli creava  il modo da lui escogitato per dare il via alla sua attività didattica con i giovanissimi allievi, infatti, affidato loro il compito di eseguire una composizione scritta, a cose fatte lui si rivolgeva ora all'uno ora all'altro chiedendogli di tradurre il testo in italiano, ciò che lasciava stralunati quegli allievi, convinti di aver già scritto la loro composizione in lingua italiana. I piccini riferivano ai loro genitori l'accaduto, ed in qualche caso un genitore si rivolgeva al professor S. per protestare, non senza, nel contempo, segnalare l'incongruenza al direttore didattico dell'istituto. Costui non mancava di convocare nel suo ufficio il professor S. allo scopo di chiedergli spiegazioni. Dal momento che S. cambiava almeno quattro volte all'anno la sede delle sue supplenze, almeno quattro volte all'anno doveva misurare la difficoltà di convincere gl'interlocutori, allievi, genitori e preside, della bontà del suo approccio all'insegnamento della lingua italiana.

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