La nostalgia del Portogallo.

La professione d'infermiere sociopsichiatrico domiciliare è tra le più gravose, specie quando, come a me è capitato giorni or sono, le persone da assistere sono due e l'operatore è uno soltanto. Orbene, le mie assistite, che qui chiamerò Ada e Rosa, hanno ottanta anni la seconda, cinquanta la prima. Ada soffre di depressione, mentre Rosa è afflitta da una crescente demenza. Mentre m'intrattenevo in salotto con Ada tentando di mostrarle l'animazione in atto nella piazza sottostante l'appartamento (quarto piano), con la prospettiva di condurla giù tra le bancarelle di una sorta di fiera detta portoghese organizzata dal Comune della nostra cittadina, ebbene sì, lo confesso, per distrarla dalle sue paturnie; mentre insieme al davanzale della finestra osservavamo incuriositi un camioncino che transitava sul marciapiede, non sulla strada, forse perché, ora che ci penso, la strada che gira intorno alla piazza era occupata da saltimbanchi, venditori di libri usati e di leccornìe tutte portoghesi, merci ambitissime dalle centinaia di persone convenute alla fiera, e parlavamo tranquillamente del Portogallo, di cui Ada pareva sapere molto più di me, che invece non ne so niente, sono stato colpito dal pensiero che di Rosa nel frattempo mi ero dimenticato. Sono allora uscito dal salotto e sono andato nella stanza di Rosa, dove non ho trovato la mia demente. Sarà in cucina, mi sono detto, ma in cucina Rosa non c'era; sarà in bagno, allora! Infatti Rosa si trovava nella vasca piena d'acqua, completamente distesa dentro, dimodioché, ho realizzato, non potendo lei respirare, o era affogata o stava per affogare. L'ho sollevata dall'acqua ed ho tentato di rianimarla, logicamente avevo molta paura che fosse morta; invece non era morta, ha aperto un occhio, Rosa, poi l'altro, e mi ha fatto un sorrisetto dei suoi, maliziosi ed ironici. Rincuorato, rimproverandola senza esagerare, l'ho messa in piedi ed ho iniziato ad asciugarla; è stato allora che ho fatto la seguente riflessione, molto veloce devo dire: e Ada? Ho lasciato Rosa seduta su una poltrona della sua stanza, dove l'avevo portata tenendola in braccio, l'ho minacciata scherzosamente di non piantare più grane e di aspettare buona lì, perché tra poco saremmo usciti per andare alla fiera, e sono ritornato in salotto. Ritta sul davanzale della finestra che dà sulla piazza, sapete quale, Ada stava volgendo la schiena all'esterno, dimodoché non ho subito capito se aveva intenzione di saltare giù in piazza, con le conseguenze immagimabili per lei e per il mio futuro d'infermiere psichiatrico a domicilio, o di balzare sul pavimento del salotto, ipotesi più rassicurante.
Che fai, Ada?- le ho domandato senza muovermi dalla soglia della porta del salotto.
Che ci fai lì sopra?
La nostalgia del Portogallo mi uccide, ha risposto Ada, piccola, agile, assai decorativa nella posizione che aveva assunto sul davanzale, oltretutto si trovava controluce, ed i segni della sua afflizione risultavano dissimulati.
Come sei bella, Ada!- le ho detto.
Lo so, ha risposto lei.

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