Pizze.

In visita nella capitale, ci stupiamo del disagio in apparenza enorme che tuttavia sembra non creare difficoltà pratiche agli abitanti della megalopoli, furiosa e incrudelita oltre ogni nostra aspettativa. Dal momento che non veniamo in quest'inferno da almeno venti anni, e siamo avvezzi alla quiete della nostra cittadina, ne parliamo con i nostri ospiti, i quali sono nati e vissuti qui e dunque non mancano delle forze necessarie a sopravvivere nella megalopoli che è da oltre un secolo diventata capitale del regno. Con la tipica bonomia condiscendente di chi vive nella capitale, una città famosa in tutto il pianeta a causa del suo remotissimo passato imperiale, essi c'intrattengono usando due argomenti evidentemente da loro ricevuti dai genitori, i quali li hanno ricevuti dai loro genitori, e così via: il motivo del buonumore degli abitanti della megalopoli, secondo noi infernale, starebbe nel venticello che spira da ovest e porta l'aria del mare, in effetti non lontano dalla capitale; e nell'eredità dei tempi abbastanza lontani, ma in termini storici non lontanissimi, di quando la megalopoli di oggi era la capitale non del nostro regno, ma di uno Stato abbastanza esteso e del tutto particolare, in quanto costituito attorno all'autorità dei monaci. In effetti, noi riflettiamo, la capitale del nostro regno è anche, tuttora, uno dei Centri religiosi più importanti del pianeta.
Sì, il venticello che spira da ovest e lo spirito religioso insieme, sono le forze che danno agli abitanti della capitale quel distacco capace di conservar loro l'altrimenti inspiegabile buonumore, concludono i nostri ospiti. Il venticello quotidiano e la prospettiva della vita eterna, quella che, come le Autorità religiose assicurano, ci attende dopo la morte, danno l'agio di sopravvivere all'inferno della megalopoli, che tuttavia i suoi abitanti, e tra loro i nostri ospiti, non considerano per niente un inferno, ma invece un continuo Carnevale.
Nel parlare di ciò, siamo finalmente arrivati in prossimità dell'abitazione dei nostri ospiti, uno di loro estrae da un curioso frigorifero sito nel bagagliaio dell'auto, il mezzo che nella capitale serve agli abitanti per trascorrere in posizione comoda diverse ore ogni giorno nell'attesa di pervenire nei luoghi dove essi intrattengono le loro relazioni umane, lavorative e così via, alcune buste di plastica grigia che contengono in apparenza qualcosa di rotondo, piatto e gelato. Sono pizze, risponde il nostro ospite alla nostra domanda, espressa senza parole.
Ah, pizze.
Sì, questa è la razione settimanale di pizze a prezzo politico, un tallero l'una, che il Sovrano eroga agli abitanti della capitale, non lo sapevate?
No, rispondiamo noi, che siamo abituati a gustare la pizza pagandola a prezzo di mercato, non lo sapevamo.
Lo scambio verbale in merito alle pizze finisce lì, e la nostra visita nella capitale continua fino al suo termine, quando noi prendiamo il treno per far ritorno alla nostra cittadina. Valutando che il buonumore e la bonomia condiscendente degli abitanti della capitale forse non dipendono soltanto dal venticello che spira da ovest e dalla prospettiva della vita eterna che ci attenderebbe dopo la morte.

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