Nel nostro glorioso cineclub.

Nel nostro glorioso cineclub danno in versione integrale un film giapponese, finalmente eccoci alla scena fin qui mai vista dai comuni mortali, ma che strano, è in bianco e nero; Lui è giovanissimo, somiglia a un mio amico, bisogna che glielo dica, stessa faccia, Lei sembra una semplice donnina, però in tiro, occhiali da cieca, danzano stretti e lenti come se fossero europei, poi Lui si stacca e parla, in giapponese, che peccato. Sembra un pezzo alieno infilato nel film, che invece è arcinoto, anche a noi cinefili di provincia. Il bianco e nero è degno di Bergman, incantevolmente crudo.
Chissà che cosa dice, Lui, lo chiederemo al critico di città che è sceso fin qui, invitato dai signori del cineclub.
Parla e si muove, Lui, a un tratto entra in una stanzetta, se non è una cabina telefonica, ma subito riappare da dietro la minuscola porta a vetri che sembra lo sportello di un mobile anni cinquanta: ed è una maschera bianca mostruosa quel che si vede, lunga, larga, la bocca disegnata grossolanamente, un largo triangolo isoscele con la base in alto, al posto dei denti una fila di strisce bianche e nere, genere tastiera di pianoforte, e il naso: un rombo con i contorni neri, e gli occhi: due colossali segni, ciascuno rappresenta il simbolo "=", neri.
A colori chissà com'era: non lo sapremo mai, se il critico di città non ci fornisce, al termine della proiezione, qualche notizia su questo brano di cinema che abbiamo l'onore di ammirare.

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