Il test.

Il mio padrone è indagato perché si sospetta che abbia commesso delitti gravissimi, tra i quali un omicidio. Il magistrato m'interroga come testimone, ma io sento che potrei presto essere accusato di complicità con il mio padrone. Mi si mostrano appunti scritti, sui margini delle pagine di un romanzo, dal sospettato, dovrebbero significare qualcosa, ma io non sono all'altezza di dire nulla, infatti faccio il giardiniere e non so niente di romanzi e di note scritte dal mio padrone.
L'interrogatorio, mi informa il magistrato, dovrà a questo punto trasformarsi in un test. Ne sono intimorito, non so che cosa è un test, ma  ho paura di fornire prove contro il mio padrone, che io so colpevole. Il magistrato mi spiega con pazienza, anche troppo esibita, che io dovrò soltanto dire tutto quello che mi verrà in mente dopo che lui avrà posto ogni domanda - salvo il No.
Alla prima domanda ("Perché l'Avvocato lo ha fatto?") mi verrebbe da rispondere "non lo so", ma non posso, perché la frase conterrebbe la negazione. E' abile, questo magistrato. Mi potrei accontentare di rispondere "per amore", ma taccio, perché temo che questa risposta farebbe uscire, dopo, tutto quello che so. Ritengo di essere anch'io colpevole, oppure è tanto forte il timore che il mio padrone sia smascherato, che finisco con il crederlo.

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