Carta da parati.

Ci hanno destinato una nuova stanza, in ufficio. Occupandola, noi tre colleghi commentiamo questo trasferimento; non ci dispiace, dopotutto cambiare di stanza, anche senza saperne la ragione, è un gioco, e il nostro lavoro invece è tanto grigio. Uno dei miei due colleghi fa apprezzamenti sulle forme e sui colori che secondo lui sono stati dipinti sulle pareti, ma io replico: "No, non è pittura, intanto sarebbe costosissimo far dipingere queste rificolone alla Klee, no, si tratta di carta da parati, è evidente!"
I miei colleghi tacciono, poi iniziano a passare le loro mani sulle pareti e sì,convengono che la nostra nuova stanza è stata ricoperta di carta da parati. L'altro mio collega, malizioso - chissà poi perché - mi domanda: "E tu come facevi a saperlo? Non è che hai degli informatori ai piani alti?"
"No", replico, "Ho passato l'infanzia e l'adolescenza con una madre che aveva la passione per la carta da parati, ogni po' chiamava un certo signore e gli faceva incollare nuove strisce, davvero, in ogni stanza della nostra casa. E' così che sono diventato un esperto!"
Silenzio.
"Una volta", proseguo, "tornando da scuola io e mio fratello trovammo la nostra stanza guarnita di una carta da parati che ci fece - e continuò a farci per semestri - l'impressione di trovarci dentro un minestrone di verdura, soprattutto di fagioli, direi. Dopotutto a noi qui è andata benone!"
"Senza chiedervi un parere?", domanda il primo collega, che forse è rimasto colpito da suo errore veramente madornale.
"No, mia madre era simile ai nostri superiori, che un parere sul trasferimento in questa nuova stanza non ce l'hanno chiesto, e nemmeno sul fatto che adesso ci troviamo a dover lavorare dentro un quadro di Klee."
"Ma chi sarebbe questo Klee, un pittore?", domandano insieme i miei due colleghi, "per caso sei esperto anche di pittura?"

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