Provocatore!

Sono in un commissariato di polizia per denunciare la scomparsa di una persona. Il funzionario mi chiede di esibire il mio documento d'identità, ciò che faccio. Procedo nella denuncia: via via che si delineano le caratteristiche dello scomparso, che ha, certamente si tratta di una coincidenza strana, le stesse mie generalità, il funzionario si fa perplesso, infine, dopo che ho terminato la descrizione fisica e fisiognomica dello scomparso, mi domanda se sto tentando, sottolinea questo verbo, di prenderlo in giro e di fargli perdere tempo.
"No certo, dottore", rispondo, "perché?"
Il funzionario applica due dita della mano sinistra sulla mia carta d'identità e la fa scivolare verso di me sul piano del tavolo che ci separa. "La persona la cui scomparsa lei è venuto a denunciare è lei stesso, egregio signore, ed ora la invito a lasciare quest'ufficio ed a ringraziare la fortuna perché ho deciso di non prendere provvedimenti a suo carico."
"Non capisco, dottore", replico senza alzarmi dalla sedia, "pensavo di aver fatto il mio dovere di cittadino, invece sto passando per un provocatore."
"Ecco, bravo, ha detto la parola. E con ciò la congedo", chiude il funzionario, che chiama un agente dentro la stanza.
Devo andarmene. Mentre cammino per le strade tranquille della domenica pomeriggio, rifletto su quello che mi è appena successo.
"Io sarei lo scomparso, dunque, ed insieme la persona che denuncia la sua scomparsa? Possibile? E se logicamente, allora, non sono scomparso, perché denuncio la, diciamo così, mia scomparsa? Sono forse impazzito?", domando a me stesso.
Mi sto avvicinando a casa. Decido di non rispondere all'ultima domanda, preferisco invece elogiarmi perché ho avuto il coraggio di ammettere la mia scomparsa, insieme coprendomi pubblicamente di ridicolo. Ed entro in casa.

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