La faglia.

Ha lasciato in un cassetto la ricevuta d'accredito del suo stipendio, la mia ospite, guadagna poco, dovrei aiutarla, vado alla posta per un vaglia, in autobus un giovane fuma, gli dico che non si può, lui mi guarda e fa: "vuoi dire che non si deve, forse", poi scende e scendo anch'io. Sono occupato a sciogliere  il nodo alla gola dell'arrabbiatura e passo davanti all'ufficio postale dimenticando che devo fare, posso fare, voglio fare un vaglia a favore della mia povera ospite, vedo l'ingresso di un parco ed entro per ricrearmi, un'auto fuoristrada lucidissima attira la mia attenzione, che cosa ci fa qui?
Una rissa di giovani vestiti di nero contro giovani vestiti di grigio subito dietro l'auto mi convince a passare da un'altra parte, inizio a percorrere un sentiero, mi trovo su un terreno che sembra gesso, se non meringa, arrivo a un crepaccio strettissimo e profondo, ma sono troppo vecchio per tentare il salto dall'altra parte, e allora torno indietro. Leggo un cartello: "Occhio alla faglia!"
Mio figlio mi racconta che sapeva della miseria della nostra ospite, che conosce la differenza tra "non si può" e "non si deve", che è esperto del parco vicino, e così via.
"Conosci il crepaccio?", gli domando. Sì, lo conosce, è profondo, dice, ma morbido.
"E allora perché il cartello?", faccio io.
"Il cartello dice di stare attenti alla faglia, non al crepaccio", puntualizza mio figlio, "la faglia è la rissa tra i neri e i grigi."

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