Oro.

Mentre percorrevo, su uno stretto marciapiede, la viuzza che mi avevano consigliato per raggiungere il Tribunale, dove avevo appuntamento con il mio avvocato, a T., un varco a destra mi offrì per un momento la visione di un cortile. Da una parte, su una sedia, una bellissima ragazza in esiguo costume a due pezzi, scalza,  veniva verniciata da un giovanotto, che le stava vicino in piedi con in mano un pennello. Naturalmente mi fermai a guardare. Il giovanotto si accorse della mia  presenza e, pur continuando il suo lavoro, m'indicò ad avvicinarmi. Accolsi l'invito. Da un barattolo di vernice colore oro sgocciolavano sul pavimento del cortile,deserto, alcuni resti di quel grasso fluido; il giovanotto del resto aveva sistemato sopra e sotto la sedia della ragazza in costume, e sotto il barattolo, alcuni fogli del quotidiano locale, come notai. Lavorava con attenzione e cura, indossando guanti protettivi. Era chiaro ciò che stava facendo, ma non capivo perché, ancora infatti il giovanotto non mi aveva rivelato che lui era un artista. La modella taceva. Ed avrebbe continuato, almeno per i pochi minuti che trascorsi in quel cortile, a tacere. Faceva, come pensai, la parte della tela. Domandai all'artista, di nome Francesco, se avrebbe usato soltanto il colore oro, e se avrebbe verniciato anche la chioma della modella. Mi rispose affermativamente. Allora gli feci notare che,a causa del costume in due pezzi, la pelle sottostante della modella sarebbe restata senza colore. Certo, rispose, proprio come succede quando si prende il sole in costume, tutto cambia salvo sotto. La mia arte imita la realtà, aggiunse. Sì, ma i capelli al massimo schiariscono, obbiettai. La imita, rispose l'artista, correggendone i limiti.
Io sono anziano e piuttosto timoroso delle malattie, lo dichiaro per giustificare l'ultima domanda che posi all'artista, che non aveva  smesso di verniciare la modella.
Ma non le fa male, questa vernice?
A me no, rispose l'artista.

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