La passione per le motociclette mi aveva portato, principiante con ciclomotore, ad acquisire, socio l'amico Tarì, una vecchissima Ariel 350 Red Hunter. Tarì l'aveva scovata in un'autorimessa vicina al Ponte del Pino, per poche lire l'avevamo comprata e spinta nel mio garage di famiglia. Il responsabile dell'autorimessa si era tuttavia tenuto la targa, infatti non avevamo la patente di guida e lui non si fidava. La Red Hunter sfoggiava un motore splendido, scultoreo. Prospettai a un meccanico l'ipotesi di un restauro, ma, ammesso che fosse all'altezza del lavoro, l'uomo rispose dando prova di non credere al ragazzino che in effetti ero. Sparò un preventivo scoraggiante. Pensai allora di far da solo, Tarì perdendo interesse per l'impresa - dopotutto la Red Hunter restava una proprietà del responsabile dell'autorimessa, ma sì, quella davanti al cinema Aurora. Disponevo di spazio nel garage di famiglia, ma non di attrezzatura né di esperienza, per cui oltraggiai la Red Hunter scaricandole addosso tutta la mia energia solitaria, unica risorsa. La moto aveva bisogno di essere smontata tutta quanta, forse, ma prima doveva essere provata. La misi in moto e il suono di quel monocilindrico di ben 350 cc mi incantò. Non ebbi tuttavia il coraggio di tentare un'uscita nel quartiere, dopotutto non ero patentato né la moto, sappiamo, aveva la targa. Ciò m'inchioda!
Non me la sento di riferire le boiate che misi in atto ai danni di quell'oggetto da collezione che oggi, settantottenne, rimiro nelle foto che Internet regala ai curiosi di moto d'epoca. Scoraggiato, spinsi la Red Hunter dal meccanico di cui sopra il quale, dopo qualche prelievo di pezzi a lui utili, la vendette a un "disfacitore" della zona, detto "Golone".
Nel 1965, patentato, acquistai per cinquantamila lire - pagabili in due rate al fratello maggiore dell'amico Provvedi - una NSU Max 250 del 1953. Tutto regolare, stavolta. La moto, meno bella della Red Hunter, era nera e non mancava di carattere, comunque fosse costituì la mia prima esperienza di guida vera e propria. Peccato che alla fine di ottobre 1966, ma sì, poco prima dell'alluvione che infangò quasi tutta la città, ebbi un incidente piuttosto grave ai danni della forcella della Nsu: urtò la fiancata sinistra di un'auto che mi aveva tagliato la strada. Dopo essere guarito dalle ferite che avevo subito alla gamba destra, decisi di aggiustare da me la moto. Per l'appunto l'amico Signori aveva depositato nel mio garage di famiglia certi pezzi di una Nsu quasi identica a quella incidentata, solo di qualche anno meno anziana. Divenuto due anni circa dopo l'esperimento Red Hunter meno inesperto possessore di un minimo di attrezzatura, intendevo smontare la forcella della Max incidentata e di sostituirla con la forcella sana depositata dall'amico Signori nel mio garage. Considerata com'è giusto la pazienza e la tolleranza di mio padre ... il garage trasformato in stanza di tortura* motociclistica ... potrei descrivere gli errori spaventosi che commisi per realizzare il progetto accennato, solo che non me la sento ... per altro la maggioranza delle persone che leggono il presente racconto non ne coglierebbe l'abominio. Le due Nsu Max 250, moto da collezione come la Red Hunter, finirono dal meccanico che sappiamo, il quale le smontò a regola d'arte e pian piano ne vendette i pezzi senza risarcire né me né il Signori. Le due esperienze fatte mi resero prudente, nella mia lunga carriera non avrei più tentato altro che modestissimi interventi sulle moto, in compenso crescendo una famigliola di attrezzi quasi degna di un dilettante.
* In Torno subito, del motociclista appassionato Roberto Patrignani, trovo il termine "sevizie", senz'altro più preciso ...
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